
Clicca qui per leggere subito la ricetta del tocco alla genovese.
Ci sono dei momenti in cui invece di stare un passo avanti alla vita siamo noi a rincorrere lei. A volte a rallentare è anche chi è abituato a camminare a grandi falcate per non perdere nemmeno un’emozione e chi ama correre veloce per prendere il volo e guardare il mondo da un’altra prospettiva. Normalmente faccio parte di questa categoria di persone, sono solita lamentarmi delle giornate sempre troppo corte, il multitasking è la mia attività preferita e ottimizzazione il mio secondo nome.
Ogni tanto però mi ritrovo a fare i conti con una me diversa dal solito, col meccanismo che si inceppa e con l’incredulità di chi pensa di essersi svegliato nel corpo di un’altra persona. Da un po’ di anni a questa parte il mio periodo di debolezza coincide con l’attesa delle feste natalizie e l’unica soluzione sembra lasciarsi trascinare dagli eventi, aspettando di ritrovare la mia normalità.
In questo periodo la mia naturale propensione a fare troppo cede il passo al poco ma bene: la lista delle preparazioni per Natale quest’anno è vergognosamente corta e non accenno a volerla allungare. Qualche anno fa le preparazioni in cui avrei voluto cimentarmi erano superiori al numero di giorni nel calendario dell’Avvento e anche se i tagli alle intenzioni erano quasi d’obbligo, riuscivo comunque a fare più del necessario.

E’ inevitabile e anche naturale cambiare punto di vista nel corso della vita: se l’atmosfera festiva mi coinvolge solo un poco, in compenso l’Autunno è riuscito ancora una volta a catalizzare la mia attenzione e a farmi innamorare di nuovo dei suoi colori e delle sue atmosfere. Se un tempo iniziavo a pensare al Natale già a novembre, oggi preferisco tenermi stretta la mia stagione e approfittare dei suoi ultimi giorni prima che arrivi l’Inverno.

La ricetta
Oggi ho scelto di raccontarvi un piatto che richiede lentezza per essere preparato e che per questo è adatto ai giorni di festa. L’occasione in cui l’ho cucinato è stata proprio un festeggiamento, in particolare il compleanno di mio papà: era da tempo che chiedeva invano il tocco, ma la tradizione di casa vuole che il sugo sia il ragù, una preparazione decisamente più ricca ed estranea alla tradizione ligure.
Per chi non lo sapesse il tocco alla genovese è il sugo di carne della mia città, u tuccu come direbbero gli anziani, ed è preparato a partire da un pezzo di carne da sugo. La carne cuoce in un sughetto che andrà a condire la pasta, cedendo il proprio aroma e donando la sua essenza a piccoli passi. La maestria dei genovesi sta nel fare di necessità virtù e se per le feste ci si concede la carne, si fa in modo che questa possa essere impiegata in due portate.
Ciò che rimane della preparazione del tocco alla genovese è infatti il secondo: la carne che ha cotto a lungo rimane molto morbida e saporita e può essere servita come un arrosto, accanto a un’insalata fatta con verdure di stagione.

La seconda opzione consiste nell’utilizzare la carne per farcire dei ravioli, da condire proprio con il tocco, e portare in tavola un piatto unico degno di un re. Io in questa occasione ho preferito preparare delle tagliatelle, servendo in questo modo un primo e un secondo. In questa ricetta ci sono pochi punti fondamentali, ossia la scelta del pezzo giusto di carne, il tempo e la casseruola.
Occorre scegliere un pezzo di manzo adatto alle lunghe cotture e non troppo magro: io ho scelto quello che a Genova viene chiamato matamà e che dovrebbe corrispondere al sottospalla. Il tempo è ciò che rende buono il tocco insieme all’uso di una casseruola adatta alle lunghe cotture.
Per cucinare il tocco alla genovese si può utilizzare la classica casseruola in terracotta, il coccio, oppure una pentola in ghisa da tenere rigorosamente su un fuoco bassissimo. Come spesso capita quando si tratta di cucina regionale, per la preparazione del sugo mi sono basata sulla ricetta di Alessandro Molinari Pradelli, adattandola solo un po’ in funzione delle letture fatte.
Il tocco alla genovese
Ingredienti (per 4/5 persone):
- 600 g di matamà o sottospalla
- una cipolla grande
- una carota
- un gambo di sedano
- un bicchiere di vino rosso
- un cucchiaio di concentrato di pomodoro
- una manciata di funghi secchi
- farina qb
- olio evo
- sale
Per le tagliatelle
- 4 uova intere
- 400 g di farina più un po’
- sale
Procedimento:
Mondare e tritare la cipolla, la carota e il sedano e far soffriggere a fuoco dolce con un giro generoso di olio in una casseruola di terracotta che contenga il pezzo di carne. Nel frattempo mettere a mollo i funghi secchi in acqua tiepida e infarinare la carne. Quando il soffritto sarà morbido e la cipolla traslucida aggiungere la carne e rosolarla da tutti i lati. Bagnare con il vino e aggiungere il concentrato di pomodoro stemperato in poca acqua. Coprire con il coperchio e lasciar cuocere a fiamma bassissima per circa tre ore, rigirando la carne e aggiungendo a metà cottura i funghi secchi strizzati e tritati. Se necessario, aggiungere poca acqua o brodo.
Durante la cottura del sugo preparare la pasta fresca: sulla spianatoia disporre la farina a fontana, rompere le uova nel cratere e iniziare a batterle con una forchetta, incorporando poca farina alla volta partendo dal centro. Impastare fino ad ottenere un panetto liscio, fasciarlo con pellicola e lasciarlo riposare per circa 30 minuti (nel frigorifero se l’ambiente è caldo). Tirare la sfoglia molto sottilmente, tagliare le tagliatelle e infarinarle affinchè non si attacchino tra loro.
Condire le tagliatelle cotte in abbondante acqua salata con il sugo e servire la carne come secondo insieme ad un contorno a piacere.
Sono venuta a Genova in agosto, dovrei farlo anche adesso, con questo menù di terra che mi ispira veracità e genuinità! Mi piace come passeggi tra innovazione e tradizione, è bello alternare, coccolare le novità ma anche ritrovare i sapori di casa, che in fondo sono gli unici a scaldarci davvero… non è un caso che le tue riflessioni sul tempo troppo fugace e sulla voglia di rallentare arrivino con questa ricetta, il sugo richiama il concetto del ragù, che al Sud viene fatto cuocere per ore e ore e se vuoi è parente dei lievitati, solo in versione salata… 🙂
Ecco, io non mangio carne, ma quando una cosa è fatta bene e a regola d'arte c'è proprio da riconoscerlo, e non potrei non farlo in questo caso 🙂 Un po' in ritardo, ti auguro di aver passato e star trascorrendo un bellissimo Natale. ti abbraccio fortissimo, Marta
Ottimo piatto davvero!
Ti faccio tanti auguri di buone feste!